giovedì 24 aprile 2008

Le tre giornate di Milano - Caffélatte

È mattina, molto presto. Un giovane imbianchino e la sua bicicletta se ne vanno per Milano. La città è viva, l’imbianchino si destreggia. Poi certe piazze più vuote, certe vie più silenziose, in quelle Fabio rallenta, senza fretta. Nel cestello ha tutto l’occorrente da lavoro. Ogni tanto la bicicletta sobbalza, un po’ di vernice resta sull’asfalto.

Le tre giornate di Milano

Titolo provvisorio

Caffèlatte

Titolo provvisorio

Soggetto per sceneggiatura film

Nella loro sala da pranzo, Edoardo e Rebecca stanno litigando.

-Stavolta me ne vado – dice Rebecca.

-Non puoi.

-Non posso? – urlando - non posso???

-Puoi….ma io mi buco la tempia col trapano...

-Tu il trapano?...non sai neppure come si accende.. .

-Sicura?

Edoardo scompare dietro una porta. Appena dopo: Il rumore d’un trapano

Nell’appartamento di fronte, Anna, un’anziana donna in ciabatte e dal viso rassicurante che stava guardando dallo spioncino per cercare di scorgere qualcosa della litigata, fa un salto. Ma il trapano è quello di Elia, un altro condomino, che sta bucando la parete per mettere i ganci per un grande quadro. Non appena il suo trapano finisce, le voci riprendono e Anna si tranquillizza.

- E questo - si sente urlare Edoardo dal suo appartamento – di questo cosa mi dici? Credi che si possa fare un lavoro del genere senza saper usare gli strumenti???

Edoardo tornato in sala e brandendo un gigantesco modellino in legno di un vascello.

- L’ho usato, lo so usare il trapano – dice convinto.

Rebecca lo guarda senza dir niente, poi esce sbattendo la porta.

Anna la vede passare dal pianerottolo.

- E’ andata – commenta fra sé ad alta voce. Poi abbandona il suo posto d’osservazione e ciabattando se ne va per casa chiamando:
- Antonio… Antonio…è ora si svegliarsi.

Arriva alla stanza del figlio. C’è un letto piuttosto lungo, più lungo del normale e le coperte sono piene di qualcuno che si presume molto alto.

- Antonio!

Dal letto esce un insonnolito trentenne. È basso, più basso della media.

Nel letto lungo resta in fondo una buona parte di coperte piene.

Antonio prende da dentro il letto un grosso pupazzo (era il pupazzo che occupava l’altro metro di letto) e lo mette su una seggiola.

- Sv..sv…sveglia – dice balbettando al pupazzo.

Elia ha finito di mettere su il quadro. Abita in un appartamento colmo di libri, nelle librerie ormai sature e impilati lungo le pareti.

- Il mattino è il momento migliore - dice fra sé ed esce.

Elia in un vecchio magazzino di libri.

-Novità?

- Eccome - gli risponde non troppo convinto il vecchio che sta seduto dietro al banco. Elia si mette a cercare fra i mucchi. I libri sono scuriti dalla polvere. Elia s’incuriosisce al trovare un annuario della Sip, datato 1973. Lo apre di fretta e comincia a cercare..

- Ci sono…sono io…- urla stupito.

- Cinquemila le guide vecchie – gli fa il vecchio senza scomporsi.

Fabio l’imbianchino si ferma nei pressi di una macchina per fototessera. Ci fa entrare al bici ed entra anche lui. Porta dentro anche i secchi di vernice e altri ciaffi che aveva con sé. Così nascosto, quando arriva una bella, che si ferma a guardarsi al piccolo specchio esterno alla macchina. Fabio, accovacciato sul sedile della macchinetta, la rimira.

Suona la sveglia puntata alle dieci. Ma Giacomo è già in piedi, mutande e canottiera, che si specchia fra le ante del suo armadio. Sulla maglietta ha scritto: “Io non credo in niente io non credo in Dio, I Pooh” . è così scettico che la sua smorfia lo rivela con grande facilità. Sta provando dei cappelli, ne ha una collezione nell’armadio, non sa neppure quale scegliere. La sveglia continua a suonare.

Antonio, il figlio di Anna è per strada, arriva a un bar.

- Vorrei un ca….un cacaca…

- Un cappuccino?- lo aiuta il barista

Antonio fa si con la testa.

Beve con calma il cappuccio. Alla cassa per pagare:

- Pago un ca…. ca….

-Caffè?

-Sì

Fuori dal locale.

-Volevo un caffè… io volevo un caffè

Don Giovanni sta contando in sacrestia i soldi delle elemosine. Annota i conti su di un taccuino. Ogni volta che finisce una cassetta la rimette a posto, sotto le candele. In chiesa è una donna belloccia e due vecchie. Prende l’ultima cassetta, in quel momento la donna si alza e se ne va. Giovani sparge i soldi sul tavolone della sacrestia sono pochi spiccioli e un biglietto da mille. Sul biglietto è scritto se mi vuoi telefonami.

Giovanni resta per un po’ al tavolo, poi arraffa di fretta i soldi ed esce.

Traversa la chiesa, fuori il sagrato è vuoto.

-Buongiorno - gli fa una vecchietta passando.- Padre…buongiorno.

-Buongiorno.

Anna rassetta il letto, sposta il pupazzo.

- Tale quale suo padre…

Una foto in sala di Anna e il marito che si baciano. Il marito per essere in asse con la bocca della sua sposa, si trova in piedi su di una pedanina.

Lo sposo, rispetto alla sposa, è 45 centimetri più piccolo.

Antonio su una sedia rialzata da una pedanina, parla con il suo balbettio amplificato dal microfono, in un’aula universitaria, zeppa di studenti.

-ai…ai…Heidegger si opponeva al cogito di Hu…Hu… Husserl….

Gli studenti lo ascoltano, pare con devoto interesse.

Elia, col suo annuario vicino, discute con Fabio, che nel bar ha con sé la bicicletta.

-Tu la segui semplicemente questa tua Francesca. Non basta

-Non basta?

-Non basta.

-Non basta….

-Non basta.

-Quindi?

-Ci vuole qualcosa. E questo qualcosa è…

-É….?

-Una lettera.

-Una lettera?

-La lettera d‘amore ci mette nudi.

- Nudi!!

- Nudi! di fronte a noi stessi... Aspetta...

Elia scartabella nella sua borsa, tira fuori libri, appunti, lettere già pronte, poesie.

- Vediamo... vediamo... „Post litigio con colpa”, no! „litigio senza colpa”neppure, “La mancanza di chiarezza ha creato un distacco“…..

„scuse dopo tradimento”..no…. ecco…“dichiarazione 3 “….questa fa al caso tuo

Fabio contento prende la lettera. Fa un po’ di moine, di gargarismi da attorucolo poi comincia:

- ... Mi capovolge...

- Mi avvolge – lo interrompe Elia.

- Già…. Mi avvolge. ….Mi avvolge la spirale degli affanni ma districandomi dalla farraginosa stretta, accarezzo la tua figura dolce e soave...

-Lascia questa, prendi questa Dichiarazione 1.

-Cos’è il numero?

- Il livello... mi raccomando: ricopiala con mano tua. Leggila un po’ di volte e poi spediscila.

- Devo leggerla un paio di volte prima di spedirla?

- Non si sa mai, tu leggila un paio di volte, a voce alta... Un domani potrebbe chiederti di leggergliela.

-Compro anche quella di prima... Mi avvolge la spirale, ecc... grazie.

Nel bar non c’è nessuno i due sono soli.

- Compro anche quella del tradimento... un domani...

Fabio ed Elia rincasano assieme. Anche Fabio abita allo stesso pianerottolo di Anna e del figlio Antonio, di Elia, Edoardo e la fidanzata che se n’è andata. Fabio entra in casa. Sparse un po’ ovunque dieci strisce di fotografie uso tessera. Nelle varie fotografie il colore della camicia.

È sera nella piccola parrocchia. Al primo piano di una piccola casetta vicino alla chiesa, Don Giovanni guarda molto interessato la Tv.

- Soddisfare sessualmente la propria compagna è questione di centimetri?

- No – fa Giovanni

- Secondo una stima, su un campione di sassanta maschi di sana e robusta costituzione, il pene perfetto misura in erezione 12,8 centimetri di lunghezza e 12,2 centimetri di circonferenza. Si deve invece non considerare normale un pene lungo meno di 7 centimetri. (interviene un andrologo) Come potete notare da questo disegno raffigurante gli organi genitali, possiamo fare un preciso confronto: la lunghezza della vagina a riposo è di 7 centimetri, ma in fase di eccitazione tocca gli 11-15 centimetri. In questo modo un pene in erezione di 11 centimetri ha una dimensione ideale. Anzi, a consolazione di quanti si ritengono sottosviluppati, potremmo definirla AD HOC!

- Ad Hoc - ripete Don Giovanni

I piedi di Antonio, non toccano terra. È a tavola con la madre ma c’è anche il fratello, un tizio molto alto e snello, dall’aria sicura.

- Sei contento… diì…sei contento che c’è tuo fratello? – domanda la madre

Edoardo nella sala da pranzo solo, guarda il vascello. Si alza, bussa alla porta di Elia.

Edoardo in piedi contro una parete riparata guarda quel che fa Elia. C’è un vecchio tavolo in legno, messo in piedi fa da bersaglio. A distanza di sette metri, Elia con una cesta di coltelli. Elia prende un coltello dalla parte della lama, ci destreggia un po, lo tira in aria, lo prende al volo, poi con estrema abilità lo lancia contro il bersaglio, centrandolo. Edoardo segue le acrobazie con espressione assente. Elia sempre più veloce (a ripetizione) prende un secondo coltello, un terzo, un quarto, li lancia centrando quasi sempre.

- Coltello... coltello... coltello dal latino culter, ha un’origine molto incerta, sebbene sia parola antichissima che si ritrova in tutta l’area indoeuropea. Gli stessi Battisti ed Alessioni, studiosi di tutto rispetto, dicono che non se ne conosce l‘etimologia.

-Se n’è andata.

-Chi?

-Rebecca.

-La seconda moglie?

-Ma, io speravo restasse la prima. Non ne voglio una seconda.

Elia scuote la testa, poi torna con la mente ai suoi coltelli.

-Vedi, questi coltelli non sono da lancio! Il coltello da lancio è privo d‘anima, quando lo lanci arriva al bersaglio e fa stuck, a differenza di questo, che una volta infilzato vibra e fa vrrvr. Hai mai visto i film western? C‘è sempre un lancio di coltello......... e non sono mai coltelli da lancio... caro Edoardo.

Fa una pausa poi prosegue.

-La vita, caro Edoardo, è una catena di appuntamenti mancati, di cose che si volevano fare e non si sono mai fatte, di amici, di amori che si volevano frequentare e si sono persi di vista, di libri che si volevano leggere e non si sono mai letti….

-Dammi un coltello, - lo interrompe Edoardo - un coltello...

-Va bene te lo do… Ma prima di lanciarlo, lo devi bilanciare. Bilancia! Bilanciare, bilanciare…. Ti racconto una cosa che fa al caso tuo.

Edoardo si siede paziente, col coltello nella mano. Pure Elia si siede con lui.

-C’era una donna con i capelli rossi...

- Rebecca!

-No. Era solo una donna con i capelli rossi, che non aveva orecchie

-Niente orecchie?

-Non aveva neppure i capelli, per cui dicevano che aveva i capelli rossi tanto per dire. Non poteva parlare, perché non aveva bocca.

-Rebcca parla.

-Appunto.Non aveva neanche il naso, non aveva addirittura né braccia, né gambe. Non aveva neanche la pancia, non aveva la schiena, non aveva la spina dorsale, non aveva le interiora. Non aveva niente, per cui non si capisce di chi stia parlando. Meglio allora non parlarne più

È notte sul palazzo dei nostri personaggi. È notte su Milano. Sui grandi viali della circonvallazione interna, sulle piazzette dei quartieri.

Don Giovanni chiude la chiesa, nessuno all’orizzonte.

Nero

È di nuovo mattino. Don Giovanni se ne sta con la testa su una panca in fondo alla chiesa, deve aver dormito lì, il primo sguardo è per il grande crocefisso davanti.

Primo piano di una scritta su un ordine del giorno (del tipo in uso nelle compagnie teatrali): „Gli attori devono mangiare almeno due volte la settimana“ di Erich von Ströheim. Locandine teatrali, foto di scena (Edoardo è un attore); in un angolo, sprofondato sul divano, Edoardo.

Ha in mano il coltello della sera prima. Bilancia e lancia, colpisce una madia. Squilla il telefono. Edoardo non risponde, scatta la segreteria telefonica.

- Scommetto che sei in casa sul divano! Rispondi... hai letto il copione? La parte del Signor Smith è tua... Ueh! Sono cinque mesi di paga... Domani sera siamo tutti in trattoria, „Agli agitati“, sei dei nostri... non preoccuparti, possono entrare anche gli animali come te... ciau ciau... ciau.

Elia è già per Milano, con una sacchetta sottobraccio. Appena incrocia qualcuno lo saluta:

-Buongiorno. Buongiorno.

Quelli che saluta non lo conoscono. Alcuni rispondono al saluto un po’ stupiti, altri passano senza rispondere. Altri si girano a guardarlo per cercare di ricordarsi se lo conoscono.

Anche Fabio è già in giro, in bicicletta. Il testo della lettera lo accompagna.

...passo ogni giorno per luoghi già noti della città. Più d’una volta ti ho invitata a passeggiare con me per queste vie, ma non te l’ho mai detto…

Giacomo è al solito, in piedi allo specchio in mutande e maglietta con la frase dei Pooh a provar cappelli.

Antonio è al bar del giorno prima. Al bancone affollato tenta di farsi spazio, tenta di ordinare:

- Vorrei un ca…ca…

- Caffè?

- Sì

Si beve il suo caffè, sommerso dalla gente. Alla cassa:

- Pago un ca…

- Cappuccio?

- Sì.

Fuori Antonio guarda la strada e commenta:

- Quel che è giusto è giusto.

Finalemente deve aver scelto un cappello Giacomo. È infatti in giro con un copricapo in paglia, piuttosto vistoso. Ma si ferma un momento a guardare un uomo che, per chiedere l’elemosina, sta cercando di posizionare in terra il bicchiere, ma il bicchiere nono sta in piedi, cade. Giacomo, impietosito, si leva il cappello, o divide in due parti e ne poggia una in terra vicino all’uomo che ringrazia. In quel momento dal cielo sembra uscire un fascio di luce e una musica dolce. La gente che passa lascia qualche moneta. Giacomo è turbato, molto turbato…davanti a lui si staglia la figura imperiosa di una chiesa.

Don Giovanni s’è messo dei Jeans, e indossa pure una camicia, si guarda allo specchio. Vestito così non ha nulla del prete. Esce da una porta secondaria. In strada, incrocia Giacomo e salta su un bus.

Giacomo entra in un Caffè col mezzo cappello in testa.

- Presto mi dia mezzo bicchiere d’acqua.

- Mezzo? – chiede il barista.

- Sì, credo di aver preso una mezza insolazione.

Elia è su un treno, seduto accanto al finestrino, con un paio di libri accanto nel sedile vuoto di fronte.

Edoardo si sta leggendo il copione ad alta voce:

- Scena prima. Interno borghese inglese, con poltrone inglesi. Serata inglese, il Signor Smith, inglese nelle sue pantofole inglesi, fuma la sua pipa inglese e legge un giornale inglese accanto a un fuoco inglese. Porta occhiali inglesi, ha baffetti grigi inglesi. Vicino a lui, in un‘altra poltrona inglese, la Signora Smith, inglese, rammenda un paio di calze inglesi. Lungo silenzio inglese. La pendola inglese batte diciassette colpi inglesi.

Il Signor Smith continuando a leggere il giornale fa schioccare la lingua tre volte ...stoc ...stoc ...stoc...

…L’appartamento di Edoardo diventa inglese, come da descrizione. Anche Edoardo è un perfetto inglese: pipa inglese, legge giornale inglese, occhiali inglesi, baffetti grigi inglesi, ecc... inglese anche Rebecca, nella parte della Signora Smith. È la scena prima della “Cantatrice calva”.

- Già la neve. Abbiamo mangiato minestra, pesce, patate al lardo, insalata inglese. I ragazzi hanno bevuto acqua inglese. Abbiamo mangiato bene, questa sera. La ragione è che abitiamo nei dintorni di Londra e che il nostro nome è Smith.

Edoardo:

- Il Signor Smith continuando a leggere il giornale fa schioccare la lingua tre volte ...stoc ...stoc ...stoc...

Quindi Rebecca:

- Le patate sono molto buone col lardo, l‘olio dell‘insalata non era rancido. L‘olio del droghiere all‘angolo è di qualità assai migliore dell‘olio del droghiere ai piedi della salita. Non voglio dire però che l‘olio di costoro sia cattivo.

- Continuando a leggere il giornale fa schioccare la lingua tre volte ...stoc ...stoc ...stoc...

Don Giovanni scende dal bus, ora è lontano dalla sua parrocchia. Pare un uomo qualsiasi vestito così. Si guarda intorno. La città in quel punto è sconosciuta per lui.

Fabio entra nella macchinetta delle fotografie, portandosi dentro come il giorno prima bicicletta e vernici. In più ha la lettera. La apre.

Francesca, da dove vieni? Ti incontro, ti seguo e già soffro il mal d‘amore. Ciò mi turba e mi affascina, misterioso fiore, stupenda fata.

I tuoi occhi pieni di luce nascondono promesse di sogni meravigliosi.

Ti prego, lascia che io possa perdermi nei tuoi laghi, nei tuoi profumi.

Ma dimmi se ciò doveva capitare a me, proprio a me, avvezzo a incontri, refrattario alle dipendenze e agli amori.

Sono qui distrutto, in ginocchio, implorante a chiederti un cenno, una risposta...

In quel momento la tendina si apre. È la ragazza, è Francesca.

Antonio sta interrogando nel suo ufficio, all’università. Appena mandato via uno studente, entra una biondona più grande di lui. Gli si siede davanti.

- Buongiono.

Si ravviva i capelli, ondula il corpo.

Antonio la guarda un po’ smarrito.

- La fi..la fi….la fisica di Aristotele.

Rebecca

- Il dottor McKenzie-King, che cura i bambini dei nostri vicini, i Johns, è un bravo medico. Si può aver fiducia di lui. Non ordina mai dei rimedi, senza averli prima sperimentati su di sè. Prima di far operare Parker, ha voluto farsi operare lui al fegato, pur non essendo assolutamente malato.

Edoardo

- ...Come si spiega, allora, che il dottore se l‘è cavata, mentre Parker è morto?

Rebecca

- Perchè sul dottore l‘operazione è riuscita, mentre su Parker no.

Edoardo

- Quindi McKenzie-King non è un bravo medico. L‘operazione avrebbe dovuto riuscire su tutti e due, oppure tutti e due avrebbero dovuto soccombere... Un medico coscienzioso dovrebbe morire insieme col malato, se non possono guarire assieme.

Elia scende dal treno. È in una piccola stazione. Traversa i binari ed esce. S’incammina per un paesino, fra le case basse e il silenzio.

Ora Antonio, sta interrogando un altro studente, uno grande e grosso palestrato.

- La fisica di Aristotele è di datazione incerta.

- Sa…sa…sa solo questo?

- Sì.

- Be…bene.

- Mi pa..pa…aprli della Meta-fisica.

- La metafisica è il libro che viene prima della fisica(che è di datazione incerta).

Così dice e si ferma.

- Solo que…questo? – chiede Antonio smarrito

-Sì. Sono uno che ama la sintesi. Poche parole.

- be…bene.

Don Giovanni è di fronte a una casetta bassa. Corrisponde all’indirizzo che ha sulle mille lire. Ci sono almeno quattro citofoni cui suonare. Allora attraversa la strada e si apposta in un bar che è proprio di fronte alla casa. Si siede vicino alla vetrina.

Elia arriva al mare. Seduta all’inizio di uno stabilimento balneare è una donna.

- Ciao - le dice soltanto quando le è vicino.

Fabio e Francesca, camminano per Milano, Fabio si trascina la bicicletta.

- M’ero accorta che ti appostavi per guardarmi sai?

- Te n’eri accorta?

Francesca si ferma, lo guarda.

- Ti pare che una si ferma ogni giorno alla stessa ora a specchiarsi?

Lo facevo perchè sapevo che eri lì.

Antonio è affossato sulla scrivania, col libretto del palestrato in mano.

Il palestrato gli sta davanti.

- Ve…ve….venticin…cin…

Il palestrato lo fulmina.

- Ventisei

Don Giovanni al secondo caffè, che gli viene portato e messo accanto al precedente. Di fronte finalmente arriva qualcuno, è una donna, quella della chiesa, o almeno al ricorda. Ma è con un altro e insieme entrano a casa.

Elia e la sua donna vanno per la spiaggia vuota.

Antonio di nuovo con uno studente, appare spossato.

È sera. Le macchine di Milano sono in fila ai semafori.

Anna è in cucina, sta preparando la cena. Suonano alla porta.

Anna va ad aprire, Antonio entra furtivamente.

- Chi... chi….udi la po….porta ti prego mamma

La madre chiude la porta.

- Che c’è?

Antonio tenta invano di nascondere una busta di plastica piena, dietro la schiena.

- E lì cosa c‘è... di così misterioso? Fammi vedere

- No... No ma... mamma... non non gua... gua... guardare

Cre... cre.dimi è stato in un mo-momento di co-collera

- In un momento di collera cosa?

- Era più alto di me. Mo..molto più alto. E non ta...ta... tart.agliava

Antonio per tutto il tempo aveva tenuto la busta nascosta, ora l‘appoggia su una sedia. Antonio spalanca le braccia con gesto sconsolato

- La... la... testa di A... Andrea

Anna si lascia cadere sul divano.

Elia e la sua donna si salutano, alla piccola stazione.

Anna con Antonio, seduti al divano. Anna non pare sconvolta, anzi articola un discorso:

- Scusami, Antonio caro, io ti ho fatto come ho potuto... ho fatto del mio meglio. Ma che cosa vuoi, neanche tuo padre aveva una grande statura. (sorridendo bonariamente) Su, dammi questa testa, vado a nasconderla...

Non è il caso che i vicini ne siano al corrente. Con la loro malignità sarebbero capaci di insinuare chissà che cosa!

Antonio

- Non guardare mamma!

- Ci mancherebbe che io non guardassi per l’ultima volta la testa del mio secondogenito. – gli risponde la madre - Ah, questi ragazzi, tutti uguali... e adesso lasciamela che vado in cantina a nasconderla.

- In ca...ca…cantina

- Non temere: è là che ho messo la testa di tuo padre, quando l‘ho ucciso 25 anni fa...

- L’hai... l’hai u... ucciso?!

Anna (cominciando a ballare con la busta in mano, come se fosse il partner)

- Eh... sì! Ero giovane, bella, innamorata, ero pazza, mi piaceva ridere, ballare

- E pe... perchè l’hai u... ucciso?

- Figlio mio, era... era 45 centimetri più piccolo di me e a me piaceva tanto tanto ballare! Torno subito, tu comincia ad apparecchiare.

(tornando indietro) ...E il corpo? Che cosa ne hai fatto?

- Il corpo? Co... corre ancora, l‘ho lasc...sciato che... che danzava

- Benedetta gioventù. Tutti uguali!

Elia è su un mezzo pubblico. Con lui c’è anche don Giovanni, seduto più in

Antonio ha finito di apparecchiare la tavola. Bussano alla porta ripetutamente. Antonio ha un attimo di panico; si fa coraggio e va ad aprire. Il corpo del fratello senza testa entra e si aggira per la cucina visibilmente molto sconcertato. Antonio gli porge una sedia che l’altro evidentemente non vede.

- Siedi... non volermene, è stato un momento di collera

Entra la madre allegra e spensierata, subito si accorge di suo figlio senza testa che si aggira per la stanza.

- Ah! Sei arrivato anche tu! Bene, che idea ridursi in questo modo

(lo prende per un braccio affettuosamente) A tavola! E mangia la tua minestra... E poi spero che non ricominciate a litigare, eh? Andiamo, su, datevi la mano e fate la pace

- Ma, mamma, lu... lui non può ma... mangi... are la... la... minestra

Anna (rivolta a tutti e due)

- A tavola!!! O mio Dio che cosa ho fatto per meritarmi due figli come questi?

(si rivolge ad Antonio) Forza... prendi l’imbuto per tuo fratello...

- l’im..imbubu…

…Antonio si sveglia di colpo nel suo studio. È rimasto solo nell’università buia. Passa per i corridoi, finalmente giunge al chiostro. Al guardiano che lo guarda perplesso:

- buo…buonasera

Fabio e Francesca sono abbracciati ad una panchina di un piccolo parco. Dietro a loro case alte con qualche luce accesa.

Nero

Di nuovo mattina. Elia e Fabio sono al Caffè.

- La tua lettera… è tutto merito della lettera, tutto merito tuo.

- No…

Elia fa il modesto, ma si vede che crede che sia merito suo.

Rebecca sale le scale dell’appartamento. Ci trova Edoardo sdraiato in terra, con le gambe sul divano, come avesse dormito lì e poi fosse caduto.

Giacomo dorme beato nel letto.

- Vorrei un ca…un ca…

- Cappuccio?

- Sì

Alla cassa paga.

- Un ca…

- Caffè?

- Sì

Fuori dal Caffè nella mattina cominciata da poco, Antonio alza le spalle e dalle tasche prende un taccuino. Si segna lo scompenso fra quel che ha bevuto e quel che ha pagato.

- 54 a 55.

1 commento:

Anonimo ha detto...

bravo Fano! grazie dell'onore di farmi fare da madrina al varo di questo tuo primo blog (del resto è tutta colpa mia: ti ho "contagiato" :-). Hai molto da dare e da dire. Benedici il tempo libero che hai: puoi tenere aggiornato il tuo blog e chissà! da cosa nasce cosa...Avanti tutta, fratello! Liberi nella fantasia :-)
Cyr